Diario di viaggio Italia-Ghana: 45 giorni in fuoristrada
Il viaggio Italia-Ghana on the road nasce da una suggestione: attraversare alcune delle zone più remote del deserto della Mauritania e, parallelamente, dal desiderio di portare aiuti umanitari alle popolazioni del Mali e del Burkina sostenute dall'associazione Bambini nel deserto.
Non è secondario poi, il desiderio di unire idealmente l’Italia con un paese che mi sta molto a cuore, il Ghana, dove collaboro attivamente con Rise Italy, un’associazione di volontariato di cui sono il fondatore. Inoltre voglio verificare le effettive potenzialità turistiche del paese per sviluppare percorsi di turismo sostenibile a sostegno della popolazione locale.
Infine partiamo davvero, il viaggio Italia-Ghana on the road ha inizio.
Siamo in sette, su tre fuoristrada provenienti da varie regioni italiane. Il coordinamento del viaggio è a cura di Riccardo Scalcon (Riccardo Senior) di Exploraland fino in Burkina, e a cura di Riccardo Giordano (Riccardo Junior) e di John Azziz Sabara (il signor NO NO NO NO) del Rise Ghana.
A questi si affiancano in rigoroso ordine alfabetico: Carlo, l'aspirante fotografo costretto a fare solo primi piani; Gianni, il cuoco del gruppo, il più arzillo nonostante la maggiore età; Piero, il cameraman, il suo occhio incollato alla telecamera non perde alcun particolare del viaggio; Raffaello, cosa non riescono a fare le sue mani; Valter, il fotografo, giudicate voi!
.1° GIORNO | 14 febbraio 2009 | Partenza dal porto di Genova
Ci ritroviamo al porto di Genova sul molo per Tangeri, Marocco. Ci conosciamo durante le lunghe pratiche doganali tra le file di auto e i furgoni marocchini stracarichi di ritorno in patria. Il folto numero di immigrati nordafricani con lunghe barbe e caffettani e i tanti fuoristrada italiani e francesi in versione “Indiana Jones” rendono l’atmosfera allegra e colorata. Con due ore abbondanti di ritardo, preludio delle lunghe attese che ci aspettano i prossimi giorni, prendiamo il mare quando ormai il tramonto è passato da un pezzo.
.2° GIORNO | Navigazione verso Gibilterra con scalo a Barcellona
Giornata di navigazione lungo la costa francese. Facciamo scalo nel primo pomeriggio nel porto di Barcellona mentre tra GPS e mappe si pianificano le varie tappe del viaggio fino in Ghana. Dopo circa tre ore, tra le cupole della Sagrada Familia di Gaudì, riprendiamo il mare in direzione Gibilterra.
.3° GIORNO | Navigazione fino a Gibilterra con arrivo a Tangeri
Al mattino la nave inizia ad allontanarsi dalla costa. Il mare si fa sempre più agitato, spinto dalle fredde e potenti raffiche dell’Atlantico. Nel primo pomeriggio c’è movimento a bordo, gran parte delle persone si spostano sui ponti superiori, c’è Gibilterra all’orizzonte, ci sono le colonne d’Ercole a segnare l’inizio della nostra avventura, oltre solo il mare aperto e la nostra meta: l’Africa. Arrivati in vista di Tangeri il continente si presenta al suo meglio, rimaniamo due ore in rada perché non c’è posto in porto per la nave e, una volta attraccati, altre due ore bloccati a bordo da un guasto alla rampa che impedisce l’uscita dei mezzi.
.4° GIORNO | Tangeri - El Jadida - Essaouira (747 km)
Partenza prima dell’alba per questa lunga giornata di marcia verso sud in un Marocco ormai pienamente sviluppato (perlomeno sulle direttrici principali), che ad alcuni di noi fa rimpiangere quello “di una volta”. Ci fermiamo a El Jadida, splendida cittadina fortificata sul mare, in un’atmosfera sempre più arabeggiante. Proseguiamo lungo il mare, fino a Essaouira, in un alternarsi di costa alta frastagliata e lunghissime spiagge che ci regalano scorci indimenticabili sull’oceano. La cittadina è letteralmente invasa da decine di camperisti nord europei che svernano al sole africano.
.5° GIORNO | Essaouira - Agadir - Laayoune (1.108 km)
Superato Agadir, i prati verdi lasciano il posto al deserto ma i panorami sono sempre splendidi. Capisco perché il Marocco è così frequentato dai surfisti: le onde lunghe dell’Atlantico sono perfette. Notte a Layounne, e sono altri 800 chilometri verso sud.
.6° GIORNO | Laayoune - relitti - Frontiera Marocco/Mauritania (900 km)
Dopo lunghe ricerche finalmente li avvistiamo, sono i relitti di due navi mercantili arenatesi da anni su di una spiaggia lunghissima, meravigliosa, dove i nostri autisti si cimentano nei primi tratti su sabbia. Attraversato il problematico e più che altro immaginario confine tra Marocco e Sahara Occidentale, proseguiamo accompagnati dal freddo vento atlantico che spazza la costa e ricopre la strada di mucchi di sabbia. Quasi al tramonto, dopo tre giorni di ininterrotta cavalcata, siamo finalmente al confine con la Mauritania: qui inizia la vera avventura, il vero deserto! Scopriamo di non poter attraversare il confine se non l’indomani mattina, per cui ci sistemiamo all’Hotel de la Frontiere in un'atmosfera da mondo alla fine del mondo, mentre fuori brillano le stelle di una notte gelida e ventosa.
.7° GIORNO | Frontiera Marocco/Mauritania - Nouadhibou (130 km)
La percezione del tempo cambia, tutto diventa lento, diluito, sconfinato come questa terra. Sembra che non vogliano più farci uscire dal Marocco, le lungaggini burocratiche in frontiera sono interminabili. Solo dopo oltre tre ore riusciamo a entrare nella famosa zona di nessuno, un tratto di pista costellato dalle carcasse di automobili che qui vengono portate e abbandonate per farle sparire dalla circolazione. Entriamo in Mauritania, ci dirigiamo verso Cape Blanc, porta del parco del Bangarden, sulle cui spiagge e scogliere abbondano uccelli migratori e decine di scheletri di navi che qui posero fine ai loro viaggi.
.8° GIORNO | Nouadhibou - campo lungo la ferrovia verso Choum (319 km)
Entriamo finalmente nel deserto, costeggiando l’ormai mitica strada ferrata percorsa da quello che è considerato il treno più lungo del mondo, fino a trecento vagoni, che trasporta sulla costa il materiale estratto nelle lontanissime miniere sperdute nel mare di sabbia. Siamo fortunati, incontriamo un bel gruppo di dromedari e subito dopo vediamo spuntare da una curva il treno. Rimaniamo a bocca aperta per l’impressionante rumore prodotto dalle due locomotive a gasolio e per la sabbia alzata dal lunghissimo convoglio. Oggi viviamo la prima avventura nel deserto: perdiamo di vista uno dei tre fuoristrada, le nostre radio si rivelano inutili e solo dopo diverse ore riusciamo a riunirci. La pista si fa sempre più interessante e la sabbia sempre più morbida, iniziano così gli insabbiamenti, il primo dei quali coinvolge contemporaneamente tutti e tre i mezzi. Ben prima che cali la notte, ormai stanchi, facciamo campo avvolti da un tramonto di straordinaria bellezza che sfuma in uno struggente crepuscolo. Chiudo gli occhi mentre il cielo si riempie di così tante stelle da far temere che non ci sia abbastanza spazio per tutte lassù.
.9° GIORNO | Campo nel deserto - Monoliti - Choum - Atar (267 km)
Dopo aver percorso un tratto di deserto caratterizzato dalla presenza di lunghi ciuffi d’erba, in un’atmosfera che sembra essere fuori da ogni tempo e luogo, arriviamo ai monoliti, degli enormi ammassi rocciosi che si innalzano nel deserto. È qui che un artista spagnolo ha voluto scolpire le sue opere. Rimaniamo senza fiato. Si prosegue per Choum, un villaggio lungo la ferrovia in stile Far West e infine Atar, il capoluogo della regione montuosa dell’Adrar. I colori della gente e dei costumi sono sorprendenti e gli scatti delle macchine fotografiche corrono veloci.
.10° GIORNO | Atar - pista per i crateri - vecchia strada per Cinguetti - Cinguetti (305 km)
Dopo una notte torrida che ci costringe a dormire all’aperto sotto una tenda di nomadi, facciamo rotta verso la zona dei crateri, ma una tempesta di sabbia ci coglie all’improvviso riducendo la visibilità quasi a zero e rendendo molto difficile l’orientamento nonostante la guida. Desistiamo e riusciamo a tornare indietro solo grazie al GPS. Decidiamo di raggiungere la mitica città carovaniera di Cinguetti attraverso la strada vecchia, una dura mulattiera che si inerpica sulle montagne dell’Adrar dove ammiriamo alcuni tra i più grandiosi panorami di tutto il viaggio. Meravigliosi sono i canyon naturali dove hanno anche girato delle scene del film “Il deserto dei Tartari”. Cinguetti, pur se in minima parte trasformata dal turismo, conserva inalterato il fascino sorprendente che le donano gli edifici di fango e pietra semisommersi dalla sabbia.
Ringrazio Piero Bailore per le riprese e il montaggio del video
.11° GIORNO | Cinguetti-Ouadane-Atar-Terjit (333 km)
Il cielo ci pesa addosso. Anche oggi piove mentre attraversiamo una pista molto sabbiosa in un deserto ricoperto da una distesa di erbetta verde e raggiungiamo la città morta di Ouadane. Dopo esser passati di nuovo per Atar, ci muoviamo in direzione dell’oasi di Terjit - incuneata in uno splendido canyon - di un verde acceso in contrasto con il rosso delle montagne circostanti. Mangiamo e dormiamo sotto le tende dei beduini, cullati dal sibilo del vento tra le chiome delle palme, ben protetti dalle zanzariere.
.12° GIORNO | Terjit - Oujeft - campo nel deserto verso Tidjikja (155 km)
Si percorre un tratto di pista immerso in un paesaggio mozzafiato, tra montagne e deserto di sabbia. Il forte vento rende difficile respirare e limita di molto la visibilità, avvolge tutto in un’atmosfera irreale con i villaggi che emergono all’improvviso dal nulla e altrettanto rapidamente tornano a sprofondarvi. Un netto contrasto con la colorata la vita di strada nelle oasi come quella di Oujeft. Proseguiamo in un deserto che cambia continuamente tra tratti rocciosi, tratti sabbiosi e tratti più verdi. In un desolato altopiano di chiara origine vulcanica spazzato dal vento, dopo un curioso incontro con un pastore e con le sue capre (per noi è incomprensibile come riescano a vivere in un luogo tanto remoto), facciamo campo e concludiamo la serata intorno al fuoco.
.13° GIORNO | Campo nel deserto - Tidjikja (265 km)
Giornata massacrante che mette a dura prova l’equilibrio del gruppo. Tra cayon, sassi, dune e falesie, marciamo per più di dodici ore quasi ininterrottamente. Toccante il momento del pranzo, quando, fermi nel nulla, ci avvicina un gruppo di donne e bambini dai vivacissimi colori che, dopo aver accettato qualcosa da mangiare, stendono le loro pochissime cose da vendere. È proprio vero che nel deserto non si può mai dare per scontato di essere soli. Durante il pomeriggio attraversiamo una zona di vere dune che mettono a dura prova l’abilità dei nostri autisti. Dopo vari insabbiamenti rischiamo anche il cappottamento e in molti casi la guida deve precedere i nostri fuoristrada a piedi per riuscire a farci evitare i tratti di sabbia “très molle” come ama definire quella sabbia che ha sui nostri mezzi l’effetto delle sabbie mobili.
.14° GIORNO | Tidjikja - Tichit (226 km)
Dopo la giornataccia di ieri, parte del gruppo decide di abbandonare il deserto e di proseguire fino a Nema sulla strada asfaltata. Il mio equipaggio, con la guida e un fuoristrada d’appoggio, parte invece alla volta di Oualata attraverso una pista che si dice essere molto impegnativa. Proprio a Oualata abbiamo un vago appuntamento con gli altri, vago come solo da queste parti può essere, in un periodo che va dai due giorni e mezzo ai quattro. La pista in realtà sarà l’unica dove troveremo anche le “balise” a indicare il percorso, probabilmente messe dai cinesi che nel villaggio di Tichit, centinaia di chilometri nell’interno del deserto, stanno facendo delle trivellazioni in cerca del petrolio. L'accampamento degli asiatici illuminato a giorno riesce a squarciare il buio della notte di questo remoto angolo del Sahara, talmente poco avvezzo al viavai di persone che i rari visitatori devono necessariamente registrarsi alla locale stazione della polizia.
.15° GIORNO | Tichit - Miniere di sale - Oualata (397 km)
Questa volta la Toyota tradisce la sua proverbiale affidabilità e non si avvia; è solo grazie al mezzo di appoggio, un altro Toyota, che possiamo metterci di nuovo in marcia. L’atmosfera è più irlandese che sahariana: un cielo grigio e carico di pioggia non tarda a scaricare un temporale con i fiocchi! Raggiungiamo le miniere di sale a cielo aperto ma non incontriamo nessuna carovana carica del minerale, solo tanti sacchi ben ordinati pronti per essere trasportati dalle “navi del deserto”. Proseguendo lungo la pista, troviamo un bellissimo monolite di roccia caratterizzato da particolarissime formazioni rocciose. Incisioni rupestri neolitiche si alternano a scritte molto più moderne. Incontriamo anche un altro fuoristrada che scorta un motociclista francese, gli unici mezzi che vedremo in tutta la giornata. Le loro descrizioni creano ancora più confusione sul tempo necessario per raggiungere Oualata, parlano addirittura di altri due giorni di marcia. Ma al tramonto, dopo oltre dieci ore, sentendo la meta sempre più vicina, decidiamo di proseguire a oltranza e verso le undici di sera, dopo oltre quattordici ore, eccoci giunti nella mitica città carovaniera di Oualata.
.16° GIORNO | Oualata - Nema - Zona di frontiera Mauritania-Mali (270 km)
Finalmente un incontro con la fauna africana. Smontando il campo trovo un simpatico scorpioncino giusto giusto sotto la tenda! Dopo innumerevoli tentativi di contattare gli altri due equipaggi, li vediamo sfilare in direzione della città e sbracciandoci riusciamo a fermarli. Non si aspettavano certo di vederci dopo solo due giorni! Cediamo all'insistenza della guida che ci insegue da ieri sera e visitiamo questa meravigliosa città con le mura delle case costruite interamente di terra e fango, dipinte e decorate con grande maestria dagli artisti locali, dei veri capolavori. Bellissimi anche i portoni di legno e argento. Proseguendo verso il confine, facciamo rifornimento e ci informiamo sulla situazione a Nema, l'anno scorso infatti proprio in questa zona si sono avuti diversi episodi di rapine e sequestri ai danni di mezzi stranieri. E sfortuna vuole che a causa delle pessime condizioni della strada si rompa un ammortizzatore... il nostro prode autista è in grado di effettuare la riparazione, ma perdiamo tempo e cala la notte. Ripartiti, perdiamo le tracce della pista e non riusciamo a ritrovarci neanche con l'aiuto del GPS. Consapevoli del grosso rischio che stiamo correndo, appena ci imbattiamo in una capanna dispersa nel nulla chiediamo ospitalità ai padroni di casa, che, con grande cordialità, ci lasciano montare le tende nell'aia in mezzo alle capre e alle galline.
.17° GIORNO | Zona di frontiera Mauritania-Mali - Nara - Sokolo - Niono (333 km)
Oggi si entra in Mali. All'alba ritroviamo la pista verso il confine e, nell'ultima città della Mauritania, siamo noi a dover andare a scomodare l'ufficiale della polizia locale a casa sua per sbrigare le formalità di frontiera. Siamo ormai in pieno Sahel, al deserto si è sostituito un accenno di vegetazione, seppur rada, e si cominciano a incontrare gli zebù, le tipiche vacche africane. Entriamo nella terra di nessuno che prosegue per circa cinquanta chilometri fino a Nara, dove il Mali ci dà il suo benvenuto con un favoloso mercato di bestiame. È un piacere fare foto e scherzare con questa umanità così varia, ricca e colorata. E questo è solo il preludio di una giornata nel corso della quale più volte ci sembrerà di essere stati catapultati in un caravanserraglio medievale, dove genti con costumi di ogni foggia e colore, con indosso una incredibile varietà di copricapi e ornamenti, vendono ogni genere di merce e svolgono le attività più diverse e particolari. In un centro apparentemente privo di interesse come Soloko troviamo il mercato forse più bello dell'intero viaggio Italia-Ghana. Ma prima, lungo la strada, ci imbattiamo in un villaggio di capanne di fango e paglia dove la prima sensazione è quella di essere in un documentario etnografico tanto ricchi e colorati sono gli ornamenti delle donne. Sorprendente è inoltre l'ospitalità e la simpatia dimostrata da queste popolazioni evidentemente ancora poco abituate al turismo. Trascorriamo la notte a Niono, in prossimità del fiume Niger, in un hotel nel più puro stile “topaia africana”.
.18° GIORNO | Niono - Djennè - Mopti (432 km)
Lungo la strada per Djenne incontriamo, all'interno di un recinto, un altro mercato di bestiame se possibile ancora più colorato di quelli di ieri. Djenne è una delle mete turistiche più ambite del paese e a ragione: la moschea di fango, la più grande del mondo, è sorprendente, un po' come l'intera architettura della città, ma non è questo purtroppo che rimane più impresso. Qui il turismo ha causato i suoi effetti peggiori, non esiste più alcun tipo di contatto con la popolazione locale che non inizi con la parola cadeau, regalo, money, soldi! Nell'aria c'è solo aggressività mista a insistenza, è scomparso, all'improvviso, ogni genere di sorriso e calore umano che ci ha accolto finora da così tante parti. Con sollievo ci dirigiamo verso Mopti. Qui entriamo definitivamente in Africa nera, con tutti i suoi colori, e assistiamo allo spettacolo offerto dal porto sul fiume Niger con le sue innumerevoli imbarcazioni, porto dal quale ci si imbarca per Timbucktu... la fantasia vola e si fa presto a progettare futuri viaggi in barca o a dorso di dromedario fin lì. Divertente serata da espatriati in un hotel gestito da un francese.
.19° GIORNO | Mopti - Sangha - Paesi Dogon (166 km)
Dopo una notte insonne in una camera rovente, ci incamminiamo per i villaggi Dogon lungo la Falesia di Bandiagara, altro luogo mitico. E di nuovo mitico significa turistico nel modo peggiore, come a Djenne. Insopportabile l'atteggiamento della gente, sempre e solo alla ricerca di soldi per qualsiasi cosa. Stanco e irritato da questa atmosfera finisco col non apprezzare a dovere il luogo, a ragione considerato uno dei più affascinanti del continente africano. La notte sul tetto del piccolo albergo, sotto la coperta del cielo stellato e accarezzato da una piacevole brezza, ha il potere di rappacificarmi con il mondo.
Ringrazio Piero Bailore per le riprese e il montaggio del video
.20° GIORNO | Paesi Dogon - Ouagadogou (399 km)
La prima parte del viaggio si avvicina alla fine, due dei tre equipaggi sono ormai arrivati al capolinea, dopo poco entriamo in Burkina e senza particolari sorprese siamo a Ouagadogou, la capitale. Qui si cerca il posto dove le macchine rimarranno custodite fino al ritorno dei loro proprietari: è il cortile di una bella villa alla periferia della città e proprio qui festeggiamo la fine del viaggio con un'allegra spaghettata preparata da Gianni, il nostro cuoco.
.21° GIORNO | Ouagadogou
Mentre gli autisti e coloro che partiranno domani rimangono a lavorare intorno alle auto, io e Valter giriamo per la città, non diversa da qualsiasi metropoli africana, piena di caos, smog e sporcizia. Dopo tre settimane ci concediamo uno svago mondano al mitico ristorante Verdoyant, specializzato in cucina europea, rifugio sicuro per tutti gli espatriati che lavorano in città, affollato a qualsiasi ora.
.22° giorno | Ouagadogou - Gauà
Dopo una mattina trascorsa in un Internet Point, verso le 14 accendiamo di nuovo i motori e facciamo rotta verso Gauà, con una bella ragazza in macchina, amica del padrone di casa. A causa della stanchezza e delle condizioni di salute precarie mi addormento e mi sveglio solo all'arrivo. In serata, in un locale dall'atmosfera piacevolmente “terzomondista”, mangiamo un ottimo pollo arrosto con patate e poi ci incontriamo con Papa, la nostra guida di domani, che ci porta a conoscere la movida burkinabè in una discoteca locale. Non è Cuba, ma...
.23° giorno | Gauà - Sarsanà - Villaggi Lobi - Sarsanà
Ci immergiamo nell’atmosfera del luogo facendo colazione nella veranda di un ristorantino sulla strada. Visitiamo un colorato mercato dove si alternano carbonaie, venditrici di cesti e di enormi vasi di terracotta. Quindi ci incamminiamo verso i Paesi Lobi, a Sarsanà, un villaggio tipico adottato dalla Onlus italiana “Bambini nel Deserto” per conto della quale dobbiamo consegnare diversi scatoloni di vestiti. Il primo contatto con i locali, pur mediato dalla guida, è piuttosto ostile e solo dopo un po' riusciamo a farceli amici. Essi vivono a metà fra tradizione (per esempio, a difesa della famiglia di fronte a tutte le loro case sono presenti dei feticci) e l'ormai diffusissimo e modernissimo costume di chiedere “cadeaux” ai visitatori per ogni cosa. Meno colorati di quelli del Mali i costumi, ma molto particolari le loro case di fango a tetto piatto costruite a mo’ di fortini e sparse a cerchio in un'ampia area. Simpatiche le danze dei bambini che solo l'anno scorso erano nudi e che ora invece sono vestiti… di stracci. Andiamo alla ricerca di una cercatrice d'oro priva di una gamba che Riccardo vorrebbe adottare fornendole una protesi. Le cercatrici, solo donne, completamente coperte di fango giallo, lavorano autonomamente scavando, spesso a mani nude, delle buche nella terra. In serata ci rechiamo a piedi presso una festa di un villaggio dove centinaia di persone in piedi e riunite in cerchi cantano e danzano. Torniamo al nostro villaggio scortati da un fiume di bambini e montiamo le nostre tende sui tetti piatti delle loro case fortezza.
Momenti di viaggio
.24° giorno | Sarsanà - Villaggi Lobi - Frontiera Ghanese - Wa
Un momento di rara bellezza è quello della sveglia all'alba, sul tetto, con la tenda circondata dai bambini che sbirciano dentro attraverso la zanzariera… mi sento come un elefante in uno zoo! Commovente anche l'addio al villaggio quando distribuiamo dei palloncini colorati tra i bambini letteralmente impazziti dalla gioia. Andiamo a visitare un altro villaggio dove veniamo ricevuti dal re dell'etnia Guam, un trentaduenne da poco insediato sul trono, con quattordici mogli di cui nove ereditate dal vecchio re. Siamo alla frontiera con il Ghana, ad Hamilè, un piccolo avamposto dove i gendarmi, gentilissimi, ci aiutano a contattare Sabara (il direttore di Rise Ghana) e risolvono prontamente il problema della mancanza del mio visto... bastano ottanta euro per ottenerne, seduta stante, uno di emergenza. Proseguiamo fino a Wa dove alloggiamo presso una guesthouse cattolica. Il caldo è torrido per cui preferiamo dormire in tenda nel giardino piuttosto che nella camera, un vero forno! Per i miei due compagni di viaggio un primo approccio con la cucina e i ritmi slow del paese.
.25° giorno | Wa - Wenchiau Hippos Sanctuary
In mattinata ci incontriamo con Sabara che, arrivato in nottata dalla Volta Region, ha dormito davanti alla stazione di polizia. Decidiamo di cambiare la batteria della macchina che ci ha dato diverse noie fin dalla Mauritania e poi partiamo per il Wenchiau Hippos Sanctuary. Suggestiva l'escursione in piroga lungo il Black Volta alla ricerca degli ippopotami, che alla fine intravediamo in acqua anche se un po’ da lontano. Con un cielo che si fa sempre più minaccioso, segno evidente dell'approssimarsi della stagione delle piogge, ceniamo sotto una sorta di gigantesca zanzariera. Intanto la minaccia del temporale si è allontanata e decidiamo di dormire sopra il tetto degli alloggi del parco. Sotto un cielo ormai rischiarato dalla luna, trascorriamo una tranquilla nottata.
.26° giorno | Wenchiau Hippos Sanctuary - Larabanga - Mole National Park
Si parte alla volta di Larabanga, dove arriviamo attraverso una dura pista piena di buche. Visitiamo la splendida moschea di fango in stile sudanese, la più antica del Ghana e poi, dopo un fugace pasto in uno sgangheratissimo locale di fronte alla mitica e altrettanto sgangherata Sammos Brothers Guesthouse, giungiamo al Mole Park, certamente il parco ghanese più famoso e quello che più si avvicina a quelli dell'Africa orientale. L'atmosfera è piuttosto turistica, seppur con l'aria un po' decadente di tutte le strutture africane. Piacevolissimo pomeriggio passato a trastullarci, con grande divertimento di Sabara per il quale è la prima volta, nella piscina sulla terrazza affacciata sulle pozze dove si abbeverano gli animali. Al tramonto, l'ora migliore a detta degli esperti, tutti gli occhi sono puntati sulle pozze, ma il bottino è ben magro, una scimmia e qualche antilope. Ottima cena e serata a studiare l'itinerario per i prossimi giorni.
.27° giorno | Mole Park - Tamale - Makango
Piove. È strano vedere la pioggia sulla piscina in un’atmosfera molto simile a quella che si respira da noi a fine stagione. Alle 7 appuntamento con il ranger: inizia il nostro safari motorizzato per le piste del parco durante il quale osserviamo buona parte della tipica fauna africana, compreso un gigantesco esemplare di elefante maschio solitario. Si riparte verso Larabanga, dove al ristorantino di ieri si scherza con una venditrice che dice di volermi sposare. Ci dirigiamo in direzione di Tamalè, poi attraversiamo una regione dove incontriamo villaggi tradizionali molto interessanti. Arriviamo a Makango per prendere il patum, il traghetto che ci farà attraversare il lago Volta fino a Yeji, ma giunti là scopriamo che non partirà prima di domani mattina. In un'atmosfera da vera frontiera, con i camionisti che lavano i loro mezzi completamente rossi per la sabbia delle piste percorse, dato che da qui in poi verso sud ci sarà l'asfalto, montiamo le tende sotto la tettoia che costituisce la sala d'aspetto per l'imbarco, già attrezzata con delle zanzariere piene di buchi a disposizione di chiunque volesse proteggersi dalla massa di insetti volanti di ogni genere e specie.
.28° giorno | Makango - Yeji - Boabeng Fiema
Ci svegliamo sotto la tettoia sempre più affollata. C'è un'atmosfera di attesa per questo arrivo come se non fosse un servizio quotidiano ma qualcosa in più, il PATUM! Siccome le notizie ovviamente non sono chiare e l'attesa si prolunga, visitiamo i villaggi di pescatori sulle rive del lago, poverissimi e per gran parte abitati da emigrati. Verso le 11 finalmente arriva il patum, in realtà una grossa chiatta (che può ospitare non più di una ventina di mezzi) dal quale scende l'inverosimile: donne con enormi pacchi sulla testa e vestite con costumi di ogni sorta, mezzi scalcinati che faticano a salire e scendere sulla rampa, venditrici, predicatori e ogni tipo di umanità. Il patum è un vero evento! Dopo circa un'ora di navigazione siamo a Yeji, dall'altra parte del lago, e da qui prendiamo una buona strada verso Boabeng Fiema, il santuario delle scimmie, dove tradizione vuole che le nostre progenitrici siano sepolte con gli esseri umani. Percorrendo delle bellissime piste di terra rossa in una foresta sempre più verde e rigogliosa, arriviamo alla guesthouse del parco mentre stanno per aprirsi le cateratte del cielo. Il temporale fa saltare la corrente elettrica e così mangiamo al lume di candela sotto il taipee della guesthouse.
.29° giorno | Boabeng Fiema - Kumasi
Alle 6 siamo già al villaggio di Boabeng per vedere le scimmie che dalla foresta tornano al villaggio. Ma, in stile tipicamente africano e probabilmente a causa della pioggia, le scimmie sono in ritardo. Solo verso le 9 se ne intravede qualcuna. Rimaniamo un po' delusi da questo monkey sanctuary per fortuna però Henry, la guida, rende interessante la visita alle case coloniali che ricordano la tratta degli schiavi ancora presente nel diciannovesimo secolo. Proseguiamo per Kumasi. Qui iniziamo con la visita al National Cultural Center: il naturale punto di inizio di ogni visita nella regione degli Ashanti. È sabato, così finalmente dopo tanto parlarne riusciamo a incontrare uno dei famosi funerali ghanesi tanto cercati da Valter. Non è difficile, dato che nel weekend ce n’è uno a ogni angolo! Durante queste cerimonie in costume i defunti vengono ricordati in allegria tra danze e canti. Segue la visita al Kejetia Market, il mercato all'aperto più grande del West Africa, affascinante soprattutto nel tratto lungo i binari della vecchia ferrovia.
.30° giorno | Kumasi - Bonwire - Besease – Dadaeso - Japa - Tarkwa
Questa mattina ci guida il figlio di Sabara che insegna all'università di Kumasi. Ci accompagna ai villaggi artigiani sparsi in zona. Bonwire, famoso per la produzione del tessuto kente, è una vera delusione; altrettanto lo è Notse, famoso per i tessuti adynkra utilizzati per i funerali, come pure lo shrine, il tempio di Besease, nonostante sia stato inserito dall'Unesco tra i patrimoni dell'umanità. Facciamo rotta verso sud fino alla zona di Dadaeso, dove Sabara ha lavorato per tanti anni come responsabile della clinica del villaggio di Japa. Solo grazie a lui riusciamo a scoprire, visitare e fotografare un vero gioiello, un vero pezzo di storia vivente africana: le miniere d'oro a cielo aperto che spuntano in maniera spontanea lungo la strada e dove i cercatori, privati cittadini, scavano il terreno con strumenti rudimentali in modo non molto dissimile dai cercatori d'oro del 1800 protagonisti di tanti libri di Wilbur Smith. È sconvolgente osservare questi uomini al lavoro immersi nel fango giallo, sotto il sole cocente, come in un infernale girone dantesco, come se nulla fosse cambiato nel corso di questi due secoli. Nel vicino villaggio di Japa, dopo aver salutato il capo villaggio e gli anziani (tutti amici di Sabara) e aver anche assistito a un processo tradizionale di fronte a questi ultimi, prendiamo parte a un altro grande funerale in cui veniamo coinvolti nei canti e nelle danze. Proseguiamo immersi in una bellissima foresta pluviale in direzione di Tarkwa, prima della quale ci coglie un fortissimo temporale tropicale che ci ricorda che siamo ormai in piena Western Region, la zona più piovosa e quindi più verdeggiante del Ghana. Bagnati fradici cuciniamo una zuppa sul fornelletto da campeggio nella camera dell’albergo.
.31° giorno | Tarkwa - Beyin - Nzulezu - Axim
Giungiamo finalmente al mare. Dopo esattamente 31 giorni e oltre 9.000 chilometri da quando abbiamo lasciato il Mediterraneo siamo in vista del golfo di Guinea. Nel ristorantino del centro visite di Beyin mangiamo pesce per l'equivalente di pochi euro in una splendida ambientazione tropicale tra un mare corallino e le palme che orlano una lunghissima spiaggia bianca. Nel pomeriggio prendiamo le piroghe e giungiamo dopo circa un'ora al villaggio su palafitte di Nzulezu, immerso in un'atmosfera piacevolmente soporifera. Al ritorno incontriamo gli studenti che ritornano al villaggio in piroga ma tutti rigorosamente con la divisa della loro scuola. Dopo la visita di Fort Apollonia, il più occidentale della costa ghanese, proseguiamo per Axim dove, affascinati dalla sua posizione da cartolina, ci concediamo il lusso di una notte all'Axim Beach Hotel. Ceniamo affacciati sulla splendida baia sottostante e poi chiacchieriamo piacevolmente sotto la verandina del nostro bungalow.
Ringrazio Piero Bailore per le riprese e il montaggio del video
.32° giorno | Axim - Princess Town - Cape Three Points - Busua
Giornata memorabile. La costa ghanese ci offre il suo meglio con la bella vista che si gode dai bastioni di Axim. Proseguiamo per Princess Town: qui il forte è stato da poco affiancato da un’orribile antenna telefonica che per fortuna non intacca più di tanto lo splendido panorama. Dopo esserci rimpinzati di noci di cocco, alcuni ragazzi del posto ci danno indicazioni per raggiungere Dixove attraverso una pista costiera. Un vero e proprio viaggio nel viaggio, durante il quale ci perdiamo diverse volte ma lo sforzo è ripagato dai paesaggi costieri più spettacolari di tutto il paese. Arriviamo a Cape Three Points, il punto più a sud del Ghana, dove il guardiano del faro ci accompagna ad ammirare le splendide spiagge circostanti. Si favoleggia l'acquisto di spiagge e terreni e si continua a sognare a occhi aperti dopo aver scovato un minuscolo resort di un francese in una meravigliosa baia nelle vicinanze. Vita da non morire mai! Facciamo fatica a staccarcene, ma subito dopo incontriamo un altro pittoresco villaggio e ancora la splendida spiaggia di Busua Beach dove montiamo le nostre tende direttamente sulla spiaggia dell'Alaska Beach Resort e concludiamo questa bellissima giornata con un ottimo barracuda arrosto con contorno di pizza.
.33° giorno | Busua - Dixove - Elmina - Cape Coast - Kakum National Park
Ci svegliamo con calma, godendoci appieno la bellezza del posto e decidendo di fermarci più a lungo possibile. Dopo aver fatto asciugare gli abiti zuppi per l'umidità della notte, andiamo a visitare il castello di Dixove che si trova in una bella posizione su uno sperone di roccia a picco sul pittoresco porticciolo della cittadina. I pescatori scaricano e puliscono direttamente sulla spiaggia ogni tipo di pesce: squali, marlin, pesci spada, grossi tonni. Di ritorno a piedi verso Busua, andiamo a conoscere il mondo degli espatriati chiacchierando con i proprietari di diversi alberghi e resort. Dopo un incontro ravvicinato con la polizia stradale locale, siamo a Elmina, il forte più famoso del paese e la più importante testimonianza della tratta degli schiavi. Molto scenografico anche lo spettacolo delle barche dei pescatori che escono in mare nel tardo pomeriggio dal canale sotto il forte. Ammiriamo dall'esterno il castello di Cape Coast e decidiamo di dormire all'Hans Cottage Botel, un bellissimo lodge nella foresta nei pressi del Kakum National Park.
.34° giorno | Kakum National Park - Apam - Fete - Krokobite
Siamo in piedi all’alba per visitare il Kakum National Park, la cui massima attrazione è il canopy walk: l'emozionante passerella di 300 metri sospesa a 40 metri di altezza tra le cime degli alberi della foresta. Torniamo in direzione di Accra e facciamo una breve sosta ad Apam, in una bella baia. Molte spiagge in direzione della capitale sono ormai inaccessibili senza entrare nei vari resort ed è quindi con piacevole senso di liberazione che arriviamo al Big Milly's Backyard, il noto resort meta di tutti gli overlander e dei volontari presenti nel paese, nella località di Krokobite, sede dell'Academy of African Music and Arts e teatro della scena rasta locale. La giornata finisce dolcemente nell’ozio, tra bibite sulla spiaggia, bagni in mare e piacevoli chiacchiere con altri viaggiatori: la famiglia francese con due bambini che viaggerà per tutto il continente africano per un anno e mezzo e il solitario suonatore di trombone inglese (www.overlandtrombone.com).
.35° giorno | Krokobite - Accra - Krokobite
Lasciamo il resort in una mattinata pigra e lenta, per immergerci in quel caos totale che è Accra. Pur rimanendo bloccati per ore nel traffico metropolitano riusciamo a visitare le attrazioni più importanti della città, compreso l'interessante mercato dei feticci nel Timber market. A questo punto, mentre una parte della squadra va a rimettere in sesto la Toyota, piuttosto provata dalle strade africane, io e Valter andiamo in cerca di un “pezzo importante” da aggiungere alla sua collezione di oggetti dal mondo, senza tra l'altro riuscire a trovare nulla di interessante. Torniamo a Krokobite con i mezzi pubblici e restiamo incastrati nel caos cittadino. Valter si stupisce per lo spettacolo offerto dalla più grande fogna a cielo aperto che abbia mai visto. La serata si conclude con le danze tribali al nostro resort, intrattenimento del weekend che, oltre a inchiodare i vari turisti attratti dalle movenze di ballerini e ballerine, raduna buona parte degli abitanti dei dintorni creando così un denso mix di razze e costumi.
.36° giorno | Krokobite - Akosombo - Kptoe - Amuzu Shrine
Verso Liati Soba. Prima tappa, la diga di Akosombo sul lago Volta. Visitiamo il vicino porticciolo da cui partono le chiatte con il petrolio proveniente dalla costa per il nord del paese e il mitico traghetto settimanale fino a Yeji, sul quale saliamo per dare un'occhiata. La terza classe, quella più in basso, è praticamente un forno quasi dentro la sala macchine! Facciamo poi tappa a Keptoe, capitale del Kente qui nella Volta Region, piuttosto insignificante tranne che per la festa del villaggio in cui veniamo coinvolti. Ma ci siamo quasi, dopo vari chilometri di sterrato ecco il villaggio del fetish priest, il santone locale, nell'Amuzo Shrine. Al momento non è presente, ma dopo tutti i chilometri fatti per incontrare quest’uomo del quale si dice che voli sui tetti, decidiamo di aspettare e viviamo così alcuni dei più bei momenti di questo nostro viaggio Italia-Ghana. La cosa che più colpisce è la genuina curiosità dei pochi abitanti del villaggio, per nulla abituati a vedere dei viaggiatori bianchi arrivare fin qui. A questo si aggiunge la presenza delle sacerdotesse del tempio, piene di monili e tutte dipinte di bianco come degli spettri. Una volta deciso di restare per la notte, apriamo le tende, noi sotto la veranda della casa del fratello del sacerdote e Riccardo nella piazzetta al centro del villaggio. Enorme entusiasmo e curiosità suscita la sua tenda sul tetto del fuoristrada che diventa l'attrazione a cui tutti vogliono dare uno sguardo salendo a turno sulla scaletta. Ceniamo con risotto ai funghi liofilizzato che offriamo ai nostri ospiti sempre più sorpresi. L'appuntamento con il fetish priest è fissato l'indomani mattina alle 7.
.37° giorno | Amuzu Shrinee - Hohoe - Tove - Soba
L'appuntamento dalle 7 slitta alle 9. Alla fine sono costretto a impormi con il sacerdote affinché ci riceva prima di notte. Finalmente si decide, ma è sabato, ci racconta che solo il lunedì è in contatto con lo spirito per cui oggi non può far nulla. Fine dello spettacolo! Un po' contrariati dal suo comportamento, con molti dubbi sui suoi reali poteri, ci dirigiamo verso Soba. Appena arrivati mi precipito a vedere il nostro Rise Vocational Institute, il centro di formazione che abbiamo costruito. Toccanti i momenti in cui Sabara ci presenta alle quindici studentesse che mi portano poi a visitare i loro alloggi, ognuno intitolato a uno dei tre direttori di Rise: Sabara's Home, Kevin's Home, Riccardo's Home. Ceniamo nel minuscolo villaggio di Tove con il tradizionale fufu, il piatto ghanese per antonomasia, da mangiare rigorosamente con le mani. Assistiamo poi alle sfrenate danze tradizionali a ritmo di tamburo che in una festosa atmosfera coinvolgono tutto il villaggio. Concludiamo la serata chiacchierando del più e del meno con Gifty, una delle insegnanti del centro. Si dorme sul pavimento nella veranda della casa di Sabara sotto una zanzariera biposto insieme a Valter e a un discreto numero di formiche e ranocchie.
.38° giorno | Soba - Wli Waterfall - Bimbilla
Giorno di presentazioni ufficiali alla scuola. Tengo il discorso davanti alle studentesse e alle insegnanti e poi facciamo le foto di rito. Non riesco a nascondere una grande soddisfazione. Purtroppo il tempo stringe e ci avviamo verso la vicina cascata di Wli, la più alta dell'Africa occidentale, degna di nota soprattutto perché inserita in un suggestivo contesto ambientale. Pranziamo nella bellissima veranda di una guesthouse aperta da poco, ottimo il pasto anche se i tempi di attesa sono a dir poco africani! Un po' in ritardo, ma ci mettiamo finalmente in marcia in direzione nord, verso Yendi, un tratto di strada più volte favoleggiato sulla Bradt Guide. La pista è piena di buche, polvere e toulè ondulè, ma i villaggi, i loro colori così come le scene di vita quotidiana che incontriamo ripagano di gran parte della fatica. Arriviamo in piena notte a Bimbilla, dove dormiamo in una spartanissima guesthouse.
.39° giorno | Bimbilla - Yendi - Ngani - Nakpanduri - Nalerongu
Partiamo poco dopo l'alba sotto una cascata di guano di pipistrelli che sono appollaiati a migliaia sugli alberi sopra la guesthouse. Arriviamo a Yendi dove veniamo ricevuti dal re dei Marpusi, nel suo palazzo reale, in verità poco interessante. Molto meglio stare al suo cospetto circondato dai dignitari di corte, di fatto una sorta di cupola mafiosa, con il messaggero che parla al posto del re, il quale per tradizione non può rivolgere direttamente la parola a persone normali. Con il figlio di uno dei capi villaggio della corte del re, andiamo al villaggio delle streghe di Ngani. Ancora oggi le donne dell'area accusate di stregoneria dai sacerdoti tradizionali vengono confinate qui in tante piccole capanne di fango e paglia. Suggestiva l'architettura del villaggio e simpaticissime le anziane streghe. Mi commuovo un po’ quando Sabara si mette a piangere per questo costume così crudele e diffuso nel suo paese e che lui non riesce ad accettare. Proseguiamo poi per la Gambaga Escarpment e Nakpanduri, il suo punto panoramico. Il panorama non è memorabile ma sono molto interessanti i kraal, le case fortezze tipiche di questa zona del nord del Ghana. Stridente il contrasto tra alcune di queste case di fango, veramente primitive, e l'enorme antenna telefonica costruita proprio lì accanto. Dormiamo nelle vicinanze di Nalerigiu, con le tende sulla terrazza della guesthoue.
.40° giorno | Nalerongu - Tongo Hills - Tunzung Shrine - Bolgatanga Market - Sirigu - Paga
Ci dirigiamo verso le Tongo Hills. Appena lasciata la strada principale incontriamo, sparsi qua e là, dei remoti villaggi fortezze dove spesso le donne sono a torso nudo. Dopo una lunga passeggiata visitiamo il Tunzung Strine: gli ultimi metri vanno percorsi scalzi e senza maglia, un'impresa non da poco sulle rocce infuocate dal sole africano. All'interno della grotta c’è il sacerdote circondato dai suoi feticci. Proseguiamo per Bolgatanga, dove visitiamo il mercato dei souvenir che raccoglie tutto l'artigianato ghanese e buona parte di quello dei paesi vicini. Bellissimi i cesti multicolori, ma non compriamo nulla, fa troppo caldo. A Sirigu visitiamo i tipici kraal, le case fortezza che qui da circa 300 anni vengono decorate con bellissime pitture paretali. Ma siamo pur sempre in Africa... a dir poco sconcertante il fatto che accanto a queste costruzioni, che sono ormai monumenti nazionali, vengano costruite orrende case con tetti di lamiera, abitudine diffusa in buona parte dei paesi africani.
Ringrazio Piero Bailore per le riprese e il montaggio del video
.41° giorno | Paga - Ouagadogou
Sveglia presto, salutiamo Sabara che oggi torna verso Soba. Noi andiamo allo stagno dei coccodrilli di Paga, tutto fuorché avventuroso e affascinante, ma comunque non capita tutti i giorni di poter cavalcare o tirare la coda a un vero coccodrillo. Attraversiamo il confine con il Burkina Faso, incontriamo grossi problemi per il mio visto ghanese in uscita e per il carnet di viaggio in entrata per Riccardo. A pranzo siamo di nuovo a Ouagadogou, al Verdoyant, dove ci concediamo spaghetti alla carbonara e macedonia di gelato. Nel pomeriggio prendiamo accordi con la guida per un giro nel nord del paese per i prossimi giorni.
.42° giorno | Ouagadogou - Bani - Douri
“La giornata più bella, la giornata più brutta”. Questo è il titolo che potrei darle, a conferma di quanto diversi possano essere i punti di vista. Alle 6 ci viene a prendere la guida insieme all'autista di un vecchio Toyota Prado, apparentemente in buone condizioni ma pieno di zanzare malariche. Partiamo a tutta “callara”, ma dopo circa duecento chilometri rallentiamo e poi ci fermiamo: bolle l'acqua. Si rabbocca e si riparte, ma l'aria condizionata non funziona più. Altra sosta in un lago artificiale, un nuovo rabbocco, si riparte e si spegne. Si prova a spingere, niente. Poi l'autista ha un'idea brillante: lo spingiamo dentro una cunetta, dove ovviamente la macchina si pianta! Mentre il nervosismo di Valter sale alle stelle, la soluzione più ovvia sembra essere quella di proseguire prendendo al volo un bus di passaggio. Arriviamo a Bani sotto il sole cocente del mezzogiorno, aria e pietre sembrano bollire mentre visitiamo la meravigliosa moschea di fango. Aspettiamo sotto la verandina di un bar lungo la strada il bus per Douri. Passano le ore ed è solo verso le 15 che la guida riesce a fermare un vecchio Toyota Landcruiser XJ 60 di circa trent'anni con già dodici persone a bordo. Ma dopo pochi chilometri nuovi problemi, il radiatore fuma. Metto a disposizione la mia acqua per il rabbocco. Si riparte, ma ci si ferma dopo pochi chilometri, definitivamente. Fortunatamente passa un camion e noi tre più l'autista del fuoristrada ci accomodiamo nel cassone. Arriviamo finalmente nel tardo pomeriggio a Douri, giusto in tempo per una visita veloce prima del buio. In serata assistiamo a una festa di danze e canti tradizionali nella piazza principale che coinvolge tutto il paese. Coloratissimi i cantanti locali! Dormiamo con la porta del bungalow completamente spalancata, oppressi dal caldo torrido.
.43° giorno | Douri - Villaggi Peul - Ouagadogou
Sveglia alle 6 e colazione in un localino tipico sulla strada. Appuntamento con la guida e il vecchio pick-up Toyota che abbiamo noleggiato per visitare qualche villaggio nelle vicinanze. Già visti e poco interessanti molti di questi, ma uno è invece molto caratteristico, quello dell'etnia Bella, l'etnia considerata inferiore dai Tuareg e dai Peul, gli allevatori del deserto. In un’arida steppa, con un forte vento che spazza il villaggio alzando un polverone che ricopre tutto, è affascinante aggirarsi per le capanne e le tende di paglia con cui queste etnie sono solite spostarsi. Viviamo momenti di grande emozione con i bambini e le donne del villaggio, gli unici abitanti presenti. Torniamo a Douri e facciamo un divertentissimo viaggio di ritorno a Ouagadogou in un bus coloratissimo e con la musica senegalese a tutto volume. Finalmente il continente africano non scorre più dal finestrino ma è tutto intorno a noi e lo sentiamo sulla pelle.
.44° giorno | Ouagadogou - Casablanca
Giornata di attesa prima della partenza in serata. Pranziamo al Verdoyant. Alle 23 circa siamo in aeroporto. Nel cuore della notte partiamo per Casablanca.
.45° giorno | Casablanca - Roma
Arriviamo a Casablanca con un'ora di ritardo e Valter perde la coincidenza con il volo per Milano, fortunatamente lo riproteggono su Roma. Lunga attesa in aeroporto e poi si riparte. A Valter perdono anche le valigie! Atterriamo a Roma alle 19. La nostra avventura è finita, ci salutiamo. Siamo a casa.