Scozia in libertà: la nostra prima grande avventura
Premessa
In questi tempi difficili per tutti, ma in particolare per l’anima nomade del viaggiatore, è inevitabile un pizzico di nostalgia per i "bei tempi andati"...
È questo spirito che, aperto il cassetto dei ricordi, mi ha fatto tornare alla memoria viaggi ormai lontani nel tempo ma il cui respiro alberga ancora nel nostro progetto Latitude 180°.
Da questa consapevolezza nasce la decisione di presentarvi una serie di articoli chiamata "Ritorno alle origini", quattro viaggi che hanno segnato più di altri la mia storia e che hanno contribuito a rendere ciò che sono coloro che vi accompagnano in viaggio per il mondo.
Qui sotto il primo: memorie e sensazioni di un meraviglioso viaggio in autostop in Scozia.
Highlands scozzesi, metà anni 90
Una brughiera deserta di ritorno dall’isola di Skye - tutt’intorno montagne aspre e spoglie - sotto un cielo di tempesta, un passaggio in autostop mi lascia in corrispondenza di un solitario cartello che indica il “North”, direzione verso cui la strada si incunea fino a perdersi nell’orizzonte. Un lontano Nord da raggiungere, una sensazione di leggerezza e libertà, da allora viaggiare è la risposta alla mia inquietudine.
Da quella sensazione provata davanti a quella semplice indicazione geografica 25 anni fa, musa ispiratrice di tutti i miei viaggi successivi, nasce il desiderio di narrarvi questa piccola avventura.
Dopo anni di viaggi in camper in famiglia toccando i quattro angoli d’Europa, Capo Nord, Cabo Da Roca e i paesi dell'est ancora sotto l’Unione Sovietica, un libro, “Nelle Terre Estreme” di John Krakauer, e un film, Braveheart, indirizzano la scelta del mio primo vero viaggio indipendente verso le ventose brughiere degli Highlands, nel nord della Scozia. A farmi compagnia, per le prime settimane, uno dei miei migliori amici.
Convinti già allora che, come ”il vero viaggio di scoperta non consiste nello scoprire nuove terre ma nell’avere nuovi occhi”, anche il concetto di "lontananza" non ha tanto un significato geografico ma soprattutto "psicologico", non optiamo per un viaggio all’altro capo del mondo, ma verso una terra ancora capace di regalare quella sensazione che altri luoghi più antropizzati non sono più in grado di trasmettere, la libertà.
E come in ogni viaggio, figuriamoci il primo, i dubbi si rincorrono
- Sarà possibile avere la sensazione di essere in un luogo "altro", un luogo lontano, pur rimanendo in Europa?
Certo, se decideremo di “rallentare il tempo” e viaggiare in bus, vedendo scorrere davanti a noi l’intero continente da sud e nord e impiegando circa due giorni invece delle canoniche due ore. Il "distanziamento" dalla nostra quotidianità sarà assicurato.
- Un volta a destinazione riusciremo a sentirci veramente soli, come se fossimo in una terra selvaggia e disabitata?
Certo, se decideremo di viaggiare fuori stagione, pur mai troppo lontani dalla "civiltà", nelle spoglie brughiere scozzesi non sarà difficile sentirsi anni luce dalla nostra quotidianità.
- Sarà necessario essere equipaggiati di tutto punto e spendere una piccola fortuna per muoversi in queste terre "di frontiera" battute costantemente da piogge e venti?
No di certo, con una buona dose di spirito di adattamento unita all’entusiasmo e a quel pizzico di incoscienza propria dei venti anni, ce la faremo con molto meno. Ci basterà viaggiare "relativamente leggeri", ma non troppo in realtà, l'esperienza ci insegnerà anche questo, e con tre punti fermi: una buona scorta di viveri da casa, un sacco a pelo e una tenda.
- Riusciremo a non spendere troppo nei trasporti?
Questa storia dimostra che con il giusto spirito tutto è possibile.
Siamo pronti, dispieghiamo le vele e partiamo
Sciolti i nostri dubbi, un bel giorno di settembre prendiamo un Eurobus da Roma e ci avviamo verso Edimburgo, dopo aver fatto tappa a Londra. Nei primi giorni di bel tempo la vacanza scorre felice, facciamo meravigliose passeggiate, dormiamo in tenda, ci muoviamo in bus e con un pizzico di orgoglio apprezziamo la nostra apparentemente perfetta organizzazione. Ma il seguito dimostra che avevamo parlato troppo presto...
In una notte di tempesta, un colpo di vento più forte degli altri finisce di lacerare una tenda già in condizioni non ottimali. Si corre ai ripari con il piccolo kit di taglio e cucito, ma a quel punto scatta qualcosa. Qui si può dire che parta il vero viaggio, accettiamo che la tenda rotta sia un segno del destino e ci lasciamo portare dagli eventi, lasciando alle cose la libertà di accadere.
Abbandoniamo il programma pianificato da casa e, mantenendo come unico punto fermo l'idea di conoscere le aree più selvagge del paese, iniziamo a fare l'autostop e a cercare un rifugio per la notte lì dove il caso avrà deciso di condurci.
È a questo punto, con un pizzico di fortuna e una buona dose di fiducia nel prossimo, che il mezzo di spostamento diventa non più solo il modo per raggiungere l'ennesimo bel panorama, ma parte integrante del viaggio, e il senso del viaggiare non più solo visitare luoghi nuovi, ma vivere nuove esperienze, incontrare nuove persone, respirare "l’anima del mondo".
Certo, questo atteggiamento è parte integrante di un viaggio in autostop, tanto più se in solitaria, come durante la seconda parte del viaggio, ma conservare almeno un po' della stessa apertura mentale nei nostri viaggi adulti, unendo al meglio pianificazione e libertà, è sempre un grande valore aggiunto!
Senza più alcuna aspettativa, il viaggio entra nel vivo e ci trasforma giorno dopo giorno
Finalmente ci siamo, questo è il viaggio che intimamente desideravamo, quella meravigliosa sensazione di libertà che ti regala solo l'abbandonare ogni condizionamento fisico e mentale, tanto più forte quanto più in contrasto con l'attenta pianificazione iniziale. La scelta del ricorrere all'autostop e quella di non fermarsi ai classici alloggi non è infatti una questione economica ma una vera e propria scelta "filosofica". Perché, come ci ricorda lo scrittore J. Steinbeck: "quando le persone smettono di fare i viaggi, sono i viaggi a fare le persone", tanto che in ogni epoca, per il viaggiatore come per il pellegrino, l'andare è sempre stato un cammino di trasformazione.
Senza più alcuna aspettativa, iniziamo a godere appieno delle nostre giornate, che iniziano a riempirsi di incontri, esperienze ed emozioni e d'improvviso gli imprevisti non esistono più perché, abbandonando ogni piano preciso, ogni rigida pianificazione, qualsiasi cosa accada è parte integrante del viaggio, è essa stessa il viaggio, che sia la lunga attesa per il successivo passaggio, che ti dona il tempo per godere l'attimo e stare con te stesso, l'incontro con qualche personaggio da ricordare, che ti offre quel passaggio, o una notte passata sotto una sgangherata tettoia di una stalla, che ti permette di ammirare il cielo stellato sopra di te.
Non luoghi ma sensazioni, non nomi ma incontri
Un quarto di secolo è un tempo sufficiente affinché i nomi delle località si perdano in una foschia indistinta, i singoli avvenimenti siano solo un vago ricordo e rimangono ben impresse nella memoria solo alcuni incontri ed esperienze speciali e così le emozioni suscitate. E tra tutte le emozioni, unica e sempre viva, quella "radiazione cosmica di fondo" che ha permeato l'intero viaggio, la libertà! Quella magnifica sensazione che spero riusciremo a vivere tutti almeno una volta nei nostri viaggi.
Qui di seguito sono proprio questi incontri e ciò che ci hanno trasmesso che voglio raccontarvi.
Ormai lontani dai grandi centri abitati e circondanti solo da aspri picchi avvolti da nubi minacciose, scogliere a picco sul mare tempestoso e desolate brughiere spazzate dal vento, sentiamo ridursi la diffidenza nei confronti dell'altro, così diffusa nelle nostre città, sostituita da un'intensa ammirazione ed un profondo senso di vicinanza per quei pochi che hanno deciso di vivere in queste terre di frontiera. E, sorprendentemente, percepiamo in loro lo stesso sentimento verso di noi, solo per il fatto di esserli venuti a trovare fin quassù. E' così che in un attimo ci lasciamo portare dagli eventi e siamo pronti ad incontri speciali il cui ricordo ci dona ancora un sorriso.
Era una notte buia e tempestosa...
È la mattina di un giorno particolare per il Regno Unito, la televisione trasmette la notizia della morte della principessa Diana avvenuta ieri notte. Ci stiamo rifocillando con tè al latte e biscotti nel salotto di un'anziana signora, la stessa che ieri, in serata, ci ha offerto un alloggio nella roulotte parcheggiata nel suo giardino dopo averci trovati completamente zuppi, sotto il diluvio universale, mentre ci stringevamo al riparo di una minuscola pensilina nel porticciolo del suo piccolo villaggio di pescatori. La spontaneità con la quale ci ha offerto un aiuto ci ha commossi, soprattutto considerando che tra barba lunga ed abbigliamento improbabile il nostro aspetto non era certo dei più raccomandabili.
E innumerevoli altre sono le persone che, una volta offertoci un passaggio, ci hanno invitati a casa loro, fermandosi a chiaccherare con noi e offrendoci pranzi, cene o semplicemente un tè.
Abbasso il nucleare! Viva l'indipendenza scozzese!
Tra gli incontri più particolari, quello con un'attivista contro il nucleare e orgoglioso sostenitore, come molti suoi compatrioti, dell'indipendenza scozzese. Saltati a bordo della sua scassatissima Land Rover, dopo aver accettato l'invito a bere un tè intorno all'accogliente caminetto di casa sua, siamo letteralmente rapiti dalle avventurose vicende della sua vita, iniziate, e forse non poteva essere altrimenti, alla fine degli anni 60, con un lungo viaggio in autostop fino in India.
Gentilissimo, ma "forse" un po' troppo invadente
Altro incontro memorabile quello con un gioviale marinaio, un gigante buono di circa due metri, che, mentre fa le sue commissioni, mi scorazza per l'intera giornata nelle isole Ebridi, dandomi la possibilità di conoscere a tempo di record la zona. Si dimostra gentilissimo e cordiale, un vero uomo di frontiera... se non fosse che appena montato a bordo della sua auto - è il primo giorno da solo dopo che ieri il mio compagno di viaggio è tornato a casa - usciamo di strada e cadiamo in una profonda cunetta ai lati della stretta stradina che stavamo percorrendo, come spesso da queste parti, a folle velocità e immersi in una fitta nebbia. Per fortuna tanta paura ma nessuna conseguenza. E forse anche tralasciando il fatto che a fine giornata mi trovo costretto a declinare una sua pur affabile "proposta indecente", scendendo veloce dall'auto e scegliendo come giaciglio per la notte un'area "non sospetta", il rottame di un bus perso nel nulla, lontano da occhi indiscreti, soprattutto i suoi, ma non certo dalle mie paure, che sembrano non fare distinzioni tra un bus sgangherato, abbandonato in un cimitero delle auto, e un castello scozzese infestato, come di regola, da fantasmi e sinistre presenze.
Dormire in una grotta sotto un cimitero di un villaggio abbandonato? Brrrrrr... Paura?
E se indimenticabili sono stati molti degli incontri fatti, non da meno sono stati alcuni luoghi in cui è capitato di passare la notte. Alcuni già li ho citati, su altri soprassiedo volentieri, come il bagno per disabili in un porticciolo della costa ovest, ma forse uno su tutti merita di essere ricordato.
Giungo nel tardo pomeriggio, in autostop, in un minuscolo villaggio fantasma arroccato su uno sperone roccioso lungo la tempestosa costa occidentale delle isole Ebridi. Ci sono tutti gli ingredienti di una tipica giornata scozzese: il freddo, la nebbia, il vento e la pioggia battente. Capisco che è impossibile tornare in zone più accoglienti, per cui anche l'idea di passare la notte in una piccola grotta, ma almeno all'asciutto, diventa allettante. La cavità ha però una particolarità, si trova sotto un cimitero all'aperto, a picco sull'oceano, dove tra la nebbia spuntano piccole lapidi conficcate nel terreno in stile "vecchio west". Come se non bastasse l'ambientazione horror, il buio ormai cala presto e, non avendo alcuna fonte di luce con me, mi lascia nell'oscurità più totale per lunghe ore, non certo il miglior viatico per un sonno tranquillo, ma di certo una notte da non dimenticare!
Il viaggio si avvia alla fine, un passaggio conduce verso mete inaspettate, ma per ogni fine c'è un nuovo inizio
E ora che sono prossimo al termine di questo viaggio, a distanza di anni posso dire che mi abbia trasformato?
La risposta è senz'altro positiva. Come ogni cosa anche questa trasformazione è stata momentanea, tutto cambia, ma se consideriamo il viaggio una metafora della vita, una scintilla dell'atteggiamento maturato allora alberga ancora in qualche recondito angolo della mia mente, pronta a rischiarare con la sua luce i momenti più bui.
Mantenendoci aperti a quello che accade, senza paure e vincoli, pronti a vivere il viaggio "della vita" giorno per giorno e a cogliere le occasioni al balzo senza troppi se e senza troppi ma, il mondo si offre in tutte le sue infinite possibilità.
Una volta che arriviamo a considerare ogni passaggio ed ogni occasione che si presenta un modo per conoscere il paese e noi stessi, per fare nuovi incontri e nuove esperienze, e non solo un modo per andare da A a B o per ottenere un risultato, allora non è più importante la meta ma solo l'andare, e può capitare, come nel mio caso, che in un singolo giorno, un solo furgone delle consegne ci permetta di raggiungere una serie di tappe che avevamo immaginato interessanti e che, non avendoci invece trasmesso nulla, decidiamo di saltare in toto fino a concludere il viaggio previsto con molti giorni di anticipo, ma solo per scoprire che c'è un altro mondo che ci attende, nuovi confini da attraversare, nuovi orizzonti da superare, nuove esperienze da vivere... l'Irlanda e un altro capitolo della nostra vita è solo pochi chilometri oltre quel braccio di mare tempestoso, quella è la nostra prossima meta, quella un'altra storia da raccontare.
Da qui ai prossimi anni, ogni volta che dovremo partire per un viaggio, che sia in qualche remota regione del nostro pianeta o dietro casa, non dimentichiamoci di questo spirito, di questa sensazione di libertà che più di ogni altra cosa renderà uniche le nostre esperienze.
Perché, se c'è una cosa vera, è quella che ama ripetere un uomo considerato la leggenda dell'autostop, creatore del primo museo al mondo del genere: "la libertà assoluta per me è prendere lo zaino, 50 euro in tasca e percorrere 5.000 chilometri, lontano, senza sapere dove dormirò e cosa mangerò, consapevole che con l’energia positiva tutto andrà bene e i problemi si risolveranno da soli" (Miran Ipavec).
Buon viaggio, ci vediamo alla prossima avventura!